06-Informazione analogica e digitale

06-Informazione analogica e digitale

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Una grandezza di qualsiasi tipo si dice analogica quando varia con continuità, assumendo tutti i valori possibili fra un minimo ed un massimo.

Il suono, per esempio, è una grandezza analogica, perché il volume può cambiare progressivamente da alto a basso e viceversa. Lo stesso succede con la luce, il colore, la temperatura, la velocità, e molte altre ancora. Il mondo che ci circonda è quasi del tutto un mondo analogico. Anche il nostro modo di percepire è di tipo analogico. I nostri sensi sono in grado di distinguere sfumature di colore, variazioni di intensità luminosa, gradazioni di suono, di gusto e di odore in maniera continua, all’interno di una gamma di valori.

Una grandezza si dice digitale quando può assumere solo due valori. Un interruttore è un dispositivo digitale, perché può essere solo aperto o chiuso. Nel mondo dell’informatica le informazioni (suoni, immagini, dati eccetera) sono tutte espresse sotto forma digitale.

Le informazioni digitali sono profondamente diverse, anche se i nostri sensi non le percepiscono in modo diverso da quelle analogiche. Per esempio, è difficile distinguere fra una fotografia scattata con una macchina fotografica analogica ed una ottenuta invece mediante una fotocamera digitale. A volte, addirittura, la qualità della rappresentazione digitale è superiore. Basti pensare alla purezza del suono ottenibile da un compact disk (suono digitale) rispetto ad un nastro o a un disco di vinile (suono analogico).

La rappresentazione digitale delle informazioni avviene mediante cifre binarie, chiamate bit. La parola bit viene dall’abbreviazione dell’espressione inglese binary digit, cifra binaria. Le cifre binarie sono solo due, 0 e 1. Riprenderemo più avanti le caratteristiche di questo particolare sistema di numerazione adoperato in campo informatico. Per il momento, diciamo che qualsiasi informazione può essere rappresentata mediante insiemi di cifre binarie organizzate in un codice. La qualità della rappresentazione digitale dipende dal numero di cifre binarie usate nel codice.

Supponiamo di voler rappresentare in modo digitale una informazione sonora (un brano musicale). Se usiamo un codice ad una cifra, possiamo rappresentare solo due stati, 0 oppure 1. Con un codice di tale genere possiamo al massimo rappresentare presenza o assenza di suono, senza nessun’altra caratteristica. Con due bit, abbiamo quattro combinazioni: 00, 01, 10, 11 e quindi possiamo rappresentare quattro suoni diversi. Chiaramente è ancora poco.

Usando un codice a tre bit, abbiamo otto combinazioni diverse, con quattro bit sedici.

La regola generale è la seguente:

Il numero di combinazioni ottenibili con un codice binario composto da n cifre è 2n.

Con otto bit abbiamo 28 = 256 valori diversi, con sedici otteniamo 216 = 65.536 valori, che sono cifre rispettabili. Un brano musicale può ben essere riprodotto da un simile codice, in quanto permette di rappresentare un gran numero di sfumature di volume e di tono. In effetti le attuali schede audio “lavorano” almeno a 16 bit.

Grazie ai moderni sistemi informatici, praticamente tutte le informazioni possono essere trasformate in forma digitale in modo semplice ed efficace.

 

 Il personal computer è lo strumento principale per l’utilizzo, lo scambio e la produzione di informazioni di tipo digitale.

Scheda audio

Possiamo immaginare una scheda audio come una strada a doppio senso di circolazione. Se la percorriamo in un verso (dall’esterno verso il cuore del computer, il processore) vediamo che il suono (analogico) viene trasformato sotto forma digitale per essere “compreso” dal computer stesso. Per esempio, è quello che succede se colleghiamo alla scheda audio un microfono: la nostra voce (o qualunque altro suono) viene trasformato in sequenze di bit e quindi può essere memorizzato, elaborato e modificato, oppure può essere inserito in un testo. In sostanza, possiamo produrre una lettera o una cartolina parlante. Possiamo inviare suoni in modi diversi, collegando alla scheda audio un mangianastri, un lettore CD o una radio.

La scheda funziona anche in senso inverso, perché ci permette di ascoltare musica, suoni, effetti di ogni genere (come quelli di alcuni giochi). Quindi la scheda audio, quando riceve informazioni dal computer per inviarle all’esterno tramite le casse acustiche o le cuffie, trasforma queste informazioni (digitali) in suono (grandezza analogica).

Inoltre la maggior parte delle schede audio in commercio permettono di collegare al PC strumenti musicali tramite la porta MIDI standard. Il MIDI (Musical Instrument Digital Interface) è il sistema standard di comunicazione fra PC e strumenti musicali elettronici. Tramite il MIDI un musicista può provare un brano sullo strumento, farlo registrare dal computer e quindi riascoltarlo, modificarlo, unirlo ad altri brani.

Queste caratteristiche sono oggi talmente sviluppate ed economiche da consentire a chiunque di fare musica col PC, di “ripulire” dai fruscii i vecchi dischi di vinile e trasferirne il contenuto su compact disk, e tante altre cose ancora.

Scheda video

Quello che la scheda audio fa con i suoni, la scheda video lo fa con le immagini, fisse o in movimento (filmati). Possiamo fotografare i nostri amici durante una gita e rivederci la foto sul monitor del PC, ma possiamo anche ritoccarla, creare effetti divertenti e usarla per comporre cartoline o biglietti di auguri. Possiamo filmare la squadra del cuore o il compleanno del fratellino e poi collegare la cinepresa alla scheda video del PC per rivedere il film. A differenza di un videoregistratore, però, possiamo ritoccare il filmato, estrarre immagini per poi stamparle, fare dei veri e propri montaggi cinematografici in modo semplice e immediato. Alcune schede video molto evolute (dette schede TV) consentono di collegare l’antenna televisiva e vedere i programmi preferiti sul nostro monitor, magari in un angolino dello schermo mentre continuiamo a scrivere la nostra lettera. Naturalmente possiamo collegare a questa scheda anche un videoregistratore, fermare un’immagine che ci piace e farci un poster.

Fotocamera digitale

Si tratta di una macchina fotografica che non imprime le immagini su una pellicola, ma le salva (in formato digitale) in una apposita memoria. Da qui, collegando l’apparecchio al computer tramite una porta seriale o USB, possiamo riversare nella memoria dal PC le nostre fotografie. Alcuni modelli permettono di salvare le foto direttamente su floppy disk. Questo aumenta considerevolmente la quantità delle foto che possiamo fare. Quando il floppy è pieno, basta sostituirlo con uno vuoto e si può ricominciare a scattare. I floppy saranno poi letti dal PC. Esistono naturalmente anche le telecamere digitali. Per adesso sono soprattutto usate per la realizzazione di video conferenze e lezioni a distanza.

Scanner

Uno scanner è in sostanza una macchina fotografica da tavolo. Esistono scanner piani e scanner a scorrimento. I primi somigliano a piccole fotocopiatrici: si appoggia sul piano di vetro l’immagine da digitalizzare e un carrello di lettura si muove per effettuare la scansione dell’immagine. Nei secondi il dispositivo di lettura è fermo ed è il foglio a muoversi su di esso grazie a dei rulli. In questo caso, però, non potremo acquisire un’immagine da un libro, a meno di tagliare la pagina (orribile!).

Esistono poi scanner manuali, simili ad un grosso mouse. L’immagine si acquisisce trascinandoli a mano sulla pagina. Sono dispositivi economici ma poco affidabili. D’altra parte, va detto che ormai uno scanner piano per uso non strettamente professionale costa davvero poco e quindi gli scanner manuali sono in via di estinzione.

Digitalizzazione delle immagini

Prendiamo in esame una immagine digitalizzata, per esempio una foto ottenuta con una macchina fotografica digitale. Se la guardiamo a grandezza naturale, non noteremo in pratica nessuna differenza rispetto ad una foto scattata con una qualsiasi altra macchina fotografica. Se però cominciamo ad ingrandirla, potremo osservare che la struttura dell’immagine consiste in un gran numero di puntini di forma quadrata, bianchi o neri o con una tonalità di grigio.

Nel linguaggio dell’informatica, questi puntini prendono il nome di pixel. Ciascun pixel viene memorizzato tramite un codice binario, composto da sequenze di 0 e di 1. Ciascuna di queste cifre, lo ricordiamo, è un bit. Per esempio, se usiamo un codice a 8 bit, potremo associare il valore 00000000 al nero, 11111111 al bianco e tutti i valori intermedi ai vari toni di grigio. Questo, in effetti, è il modo in cui viene trattata un’immagine da un computer e dai suoi accessori per il trattamento dell’immagine (scheda video, scanner, foto camera digitale).

Digitalizzazione dei suoni

Anche il suono viene digitalizzato in modo simile. La voce umana o il suono di uno strumento hanno un andamento analogico, che può essere rappresentato in un tracciato mediante appositi strumenti. In questo caso, la digitalizzazione consiste nel “leggere” il suono a intervalli regolari (campionamento), associando alle caratteristiche di ciascun campione sonoro (volume, tono) un codice binario che lo rappresenta.

Il campionamento del suono e l’associazione di un numero binario ad ogni campione prelevato sono effettuati dalla scheda audio presente nel computer. Naturalmente la scheda compie anche il lavoro inverso, trasformando i codici binari in suono quando vogliamo ascoltare un brano musicale.

 

Nella conversione da analogico a digitale si ha una perdita di informazioni, dato che non tutto il segnale analogico viene convertito in digitale, ma solo un numero finito di campioni. Questa perdita è tanto meno evidente quanto maggiore è il numero di campionamenti al secondo, ma comunque non scende mai a zero.

Qual è, allora, il vantaggio della digitalizzazione?

Prima di tutto va ricordato che il computer è progettato per lavorare in digitale e quindi tutti i dati che esso legge e scrive devono essere convertiti in questa forma. Naturalmente non tutto passa per un computer. Per ascoltare musica, per esempio, utilizziamo un impianto stereo e dei dischi.

In teoria, si dovrebbe avere una qualità migliore sui vecchi dischi in vinile, che sono stampati in formato analogico e, in effetti, teoricamente, dal punto di vista della qualità, ciò è vero. Esiste però il problema dei rumori, dei segnali non desiderati (come il fruscio di fondo, tipico di nastri e LP). Gestire un segnale in analogico richiede una precisione estrema, sia per il sistema di registrazione, sia per quello di riproduzione; ciò comporta costi e complessità molto più elevati per i circuiti elettronici (è questa la principale differenza tra registratori amatoriali e professionali). Memorizzare invece un segnale digitale equivale in sostanza a scrivere una lunga serie di 0 e 1, molto più facilmente distinguibili: qualora dovessero comparire segnali di disturbo, essi verrebbero tranquillamente ignorati dal sistema, poiché difficilmente sarebbero nello stesso formato del dato scritto; ad esempio, se registriamo in formato digitale su un nastro magnetico, la successiva lettura potrà produrre dei rumori (dovuti magari anche allo sfregamento del nastro stesso contro la testina del riproduttore), che però saranno ignorati, non essendo in formato digitale.

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