Megistone
Etica, estetica e libero arbitrio
Evodio: So con certezza che altro è vivere ed altro esser coscienti di vivere.
Agostino: Quale ti sembra più elevato?
Evodio: Certamente la coscienza di vivere.
(Sant’Agostino)
Al tema dell’etica si legano altri concetti importanti: la libertà, la responsabilità, la dignità e così via, che si possono raggruppare intorno al tema formidabile e controverso del libero arbitrio. Alcuni risolvono sbrigativamente il problema negando la libertà non solo ai fenomeni naturali, ma anche all’uomo, sulla base di un feroce determinismo di stampo fisicalista, alla Laplace.
Perchè si fabbricano i robot?
Helena: Perché li fabbricate, allora?
Busman: Ahahah! Questa è bella! Perché si fabbricano i Robot!
Fabry: Per il lavoro, signorina. Un Robot sostituisce due operai e mezzo. La macchina umana, signorina, era molto imperfetta. Un giorno occorreva eliminarla definitivamente.
(Karel Čapek, R.U.R.)
Il termine “robot” (dal vocabolo ceco rab, schiavo, connesso con il russo rabota, lavoro) fu introdotto nel 1920 dallo scrittore ceco Karel Čapek nel suo dramma “R.U.R.” (Rossum’s Universal Robots), – rappresentato il 25 gennaio 1921 al Teatro nazionale (Národní Divadlo) di Praga – a indicare una macchina antropomorfa progettata e costruita dall’ingegner Rossum (da un’altra radice slava, rasum, ragione, intelligenza) per alleviare le fatiche degli umani. (Quindi la pronuncia corretta di robot è ròbot, e non robò, alla francese.)
Roboetica, l’urgenza di una riflessione
Attorno al mese di dicembre del 1910 le caratteristiche dell’uomo cambiarono.
(Virgina Woolf)
I possibilisti vivono in una tessitura più sottile, una tessitura di fumo, immaginazioni, fantasticherie e congiuntivi.
(Robert Musil)
Mentre l’evoluzione biologica ha dotato gli organismi viventi prima di un corpo e poi di un cervello, avente funzioni di controllo centrale e dotato, negli organismi più complessi, di proprietà cognitive superiori, l’intelligenza artificiale funzionalistica è partita dal cervello e ha tentato di costruire una mente senza corpo, cioè un’intelligenza che imitasse le funzioni superiori, simboliche e astratte, del cervello biologico evitando ogni interazione con un ambiente considerato fonte di disturbo. Tuttavia la difficoltà di estendere questa forma d’intelligenza artificiale al di fuori dei domini simbolico-formali ha fatto ritenere che soltanto accoppiando la mente artificiale all'ambiente attraverso un corpo artificiale, dotato di sensi e di organi attuatori, si potesse ottenere un’intelligenza flessibile e ad ampio spettro analoga a quella biologica.
L’altra metà del robot: il corpo
Tutto avviene nel corpo, con il corpo e per il corpo, si nasce e si muore con il corpo, con il corpo si soffre e si patisce e si gode, la vita si genera con un atto rapido del corpo […]. Che le cose più importanti, l’amore, la vita, il nutrimento, la morte avvengano per e nel corpo aggiunge mistero al mistero dell’esistenza.
(Giuseppe O. Longo, L’acrobata)
Una tappa fondamentale sulla strada della costruzione dell’uomo artificiale si ebbe, verso la metà del Novecento, con la costruzione del calcolatore elettronico, o computer. Più che una macchina, il computer è una metamacchina: a seconda del programma che gli si fornisce, esso esegue un compito diverso, cioè diventa una macchina diversa. Al contrario delle macchine tradizionali, che elaborano e trasformano energia e materia (si pensi alle locomotive, agli impianti chimici, alle centrali elettriche), il computer elabora e trasforma informazione: dunque è una macchina simbolica e in ciò ha forti somiglianze con la mente umana. Fu dunque abbastanza naturale assumerlo come modello della mente.
Dagli automi all’intelligenza artificiale
In effetti l’uomo si dimostra essere cosa divina perché dove la natura finisce di produrre le sue spetie l’uomo quivi comincia colle cose naturali a fare coll’aiutorio d’essa natura infinite spetie.
(Leonardo da Vinci)
Questi raffinati e suggestivi prodotti dell’ingegno umano che preludono in forme bizzarre e inusitate alla tecnologia moderna, oggi non si costruiscono più e sono sostituiti ovunque, se non nei musei e nei teatri della nostalgia, da dispositivi in cui l’elettronica si rivela sempre più sollecita dell’efficienza e sempre meno dell’imitazione puntuale della natura. Eppure gli automi, specie quelli antropomorfi, gli androidi e le ginoidi, continuano a popolare di inquiete proiezioni e torbidi sogni l’immaginario del nostro tempo e di qui travalicano nelle creazioni artistiche e nelle attuazioni tecniche. Anche se le tecnologie sono mutate, persiste e prospera un settore di ricerca, la robotica, in cui riappare la dubitosa e mutevole linea di separazione tra ciò che l’uomo è e ciò che potrebbe diventare, tra ciò che può attuare e ciò che può solo sognare. In questo senso gli automi e compagnia incarneranno sempre - anche nelle nuove vesti informatiche, robotiche e ciborganiche – l’aspirazione dell’uomo a travalicare i limiti della propria contingenza.
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