La termologia

La termologia

Temperatura e calore

Poniamo a confronto un corpo che sia stato riscaldato e un cubetto di ghiaccio: diremo che il primo è più caldo (avvicinandoci avvertiamo infatti una sensazione di calore), mentre l’altro produce una sensazione di freddo. La grandezza fisica che misura queste sensazioni è la temperatura.

Per ottenere una misura quantitativa della temperatura si fa ricorso, come per la forza, agli effetti fisici che produce; essa può essere determinata infatti attraverso le variazioni di volume del corpo sottoposto a cambiamenti di temperatura.

 

Scala termometrica

Per definire una scala di temperature e per costruire uno strumento che misuri la temperatura (termometro), si ricorre alla proprietà sperimentale, propria di quasi la totalità dei corpi, di dilatarsi quando sono sottoposti a riscaldamento, o di contrarsi, quando invece sono raffreddati.

Il termometro è costituito da un sottile tubo di vetro, chiuso a una estremità e terminante dall’altra con un piccolo bulbo contenente un liquido (acqua, alcool, mercurio, ecc.). Per graduare la scala della temperatura è necessario stabilire delle temperature di riferimento (→ 1).

Per la taratura della scala centigrada si procede come segue: posto il bulbo del termometro a contatto con il ghiaccio fondente alla pressione di 1 atmosfera, si lascia trascorrere il tempo sufficiente perché il termometro venga in equilibrio con il ghiaccio: a questo punto il livello raggiunto dalla colonna di mercurio si assume come 0 della scala. Si pone quindi il termometro in un recipiente con acqua bollente, sempre alla pressione di 1 atmosfera; si assume come grado 100 della scala il livello raggiunto dal liquido, quando si sia stabilita una situazione di equilibrio fra acqua e termometro.

La parte del tubo compresa fra questi due punti (0 e 100) viene divisa in 100 parti uguali, i cosiddetti gradi centigradi: se la colonna termometrica sale di una divisione, si dice che la temperatura è aumentata di un grado centigrado (1 °C).

 

Calore

Poniamo a contatto due corpi di diversa temperatura: quello che possiede una temperatura più elevata cede all’altro una certa quantità di energia, detta energia termica o, più semplicemente, calore.

Il calore è stato considerato per lungo tempo un fluido imponderabile contenuto nei corpi, in grado di passare dai più caldi ai più freddi, fino a che le rispettive temperature non risultino uguali.

Gli esperimenti del conte di Rumford, di Davy e di Joule cancellarono questa ipotesi. Joule, in particolare, misurò l’equivalente fra unità di calore (caloria) e unità di energia.

Il calore è dunque una forma di energia; come tale, esso può assumere con facilità una forma diversa senza per questo distruggersi né essere creato (principio della conservazione dell’energia).

A livello microscopico, il trasferimento di calore si può interpretare come un trasferimento di energia cinetica per collisione delle particelle che costituiscono i due corpi, oppure come trasferimento di energia radiante da un corpo all’altro. Non si parla pertanto di “calore contenuto” in un corpo, ma soltanto di calore assorbito o ceduto.

L’unità di misura termica è la caloria, corrispondente alla quantità di calore che occorre infondere in un grammo d’acqua per elevare la sua temperatura di 1 °C. L’energia corrispondente ad una caloria equivale a 4,18 joule, calcolabile per mezzo di un dispositivo, simile a quello utilizzato da Joule (→ 6).

A un peso di massa M è collegata una funicella, avvolta all’altra estremità intorno a un albero ruotante, cui sono connesse delle pale immerse in acqua. Se il peso viene fatto cadere per un’altezza h, la quantità di energia ΔQ assorbita dall’acqua per attrito con le pale è uguale al lavoro Mgh, fatto dal campo gravitazionale sul peso, meno l’energia cinetica con la quale il peso giunge a terra, meno ancora il lavoro compiuto per vincere gli attriti meccanici presenti nel dispositivo.

Misurando la variazione di temperatura dell’acqua, si ottiene l’energia equivalente ad una caloria.

 

Fusione ed evaporazione

I corpi solidi sono composti da particelle disposte nelle tre dimensioni secondo reticoli periodici (→ 1). Le particelle conservano sempre una separazione reciproca e possono vibrare attorno a determinate posizioni di equilibrio. Quando si dà calore a un corpo, aumenta nello stesso tempo l’energia cinetica di vibrazione delle particelle componenti e, di conseguenza, cresce l’ampiezza delle oscillazioni.

Si dice che un corpo passa dallo stato solido allo stato liquido, quando gli viene fornita una quantità di calore tale che l’energia cinetica acquisita dalle singole particelle è sufficiente a rimuoverle indefinitamente dalle posizioni iniziali d’equilibrio.

Il fenomeno si produce per ogni corpo omogeneo a temperatura costante, detta temperatura di fusione; il passaggio dallo stato solido allo stato liquido si dice fusione. Durante la fusione, la temperatura resta costante, sebbene si fornisca calore al corpo. Questo calore si convertirà in lavoro contro le forze di coesione tendenti a mantenere unite le particelle.

La quantità di calore necessaria per fondere un grammo di una certa sostanza si dice calore di fusione. Ad esempio, la temperatura di fusione del ghiaccio è di 0 °C: se riscaldiamo il ghiaccio (che ha temperatura inferiore allo zero) fino a 0 °C, il ghiaccio non fonde se non gli diamo altro calore; se continuiamo invece a fornirgli calore, la temperatura si mantiene a 0 °C e sono necessarie 80 calorie per fondere un grammo di ghiaccio. Il calore di fusione del ghiaccio è quindi di 80 calorie per grammo (→ 2). Viceversa, se raffreddiamo l’acqua, togliendole calore, la temperatura discende fino a 0 °C e da questo valore si mantiene costante: il calore di congelamento è uguale a quello di fusione (→ 5).

I liquidi sono costituiti da particelle che, pure essendo soggette a forze di attrazione e coesione, si possono muovere in tutte le direzioni. In particolare, le particelle superficiali possono muoversi verso l’esterno del liquido. Se l’energia cinetica di queste particelle è debole, le forze di coesione sono in grado di trattenerle all’interno; se l’energia cinetica è invece elevata, le particelle possono uscire dal liquido, senza più subire le forze attrattive di altre particelle. È ovvio che il numero di particelle con energia sufficiente a lasciare il liquido è tanto maggiore quanto più elevata è la temperatura del liquido.

Se le particelle in grado di uscire dal liquido si vengono a trovare nell’ambiente a distanze notevoli, esse costituiscono quello che si dice un vapore. L’evaporazione è il fenomeno di passaggio tra la fase liquida e quella gassosa. Per fare evaporare un grammo di liquido è necessario intervenire con la quantità di calore caratteristica di quel liquido: il calore di evaporazione (→ 3).

Quando si condensa, torna cioè alla fase liquida, il vapore restituisce una quantità di calore identica a quella richiesta per l’evaporazione: il calore di condensazione è perciò uguale al calore di evaporazione. Nel caso dell’acqua, esso corrisponde a 537 calorie per grammo. Tra i cambiamenti di stato è da ricordare la sublimazione, cioè il passaggio diretto dallo stato solido al gassoso e viceversa: questo fenomeno si osserva nello iodio a temperatura ambiente.

 

Influenza della pressione

La fusione e la solidificazione hanno luogo a temperature in genere diverse per ogni valore della pressione, cioè della forza per unità di superficie che l’ambiente esterno esercita sopra un corpo (solido, liquido o gassoso). Il ghiaccio fonde, ad esempio, a una temperatura inferiore a 0 °C, se sottoposto a una pressione superiore a quella atmosferica (per la rappresentazione del fenomeno → 4).

La pressione ha un ruolo di grande importanza anche nel fenomeno dell’evaporazione.

In un recipiente parzialmente ripieno di liqui- do, alcune particelle fuoriescono dal liquido e vanno ad occupare la porzione del recipiente rimasta libera. Sono particelle allo stato di vapore che si muovono in tutte le direzioni facendo anche ritorno nel liquido e determinando due flussi di particelle: uno che esce dal liquido e l’altro che vi entra.

Quando il numero delle particelle in uscita è maggiore, si ha evaporazione (p. 35 → 1a); abbiamo invece condensazione, quando è maggiore il numero delle particelle di ritorno (p. 35 → 1b).

Nel corso dell’evaporazione aumenta, all’esterno, il numero di particelle di vapore per unità di volume, e aumenta quindi la pressione, cioè la tensione del vapore. Cresce anche, nel frattempo, il numero delle particelle che fanno ritorno al liquido nell’unità di tempo. Il liquido è in equilibrio con il suo vapore quando le particelle in entrata e in uscita sono in numero uguale (→ 1c). Si dice vapore saturo il vapore in equilibrio con il liquido e tensione di vapore saturo la tensione corrispondente.

 

Con l’aumento della temperatura, aumenta l’energia cinetica delle particelle e, quindi, il numero di queste in grado di uscire; in questo modo vien meno il precedente equilibrio e l’evaporazione continua finché, essendo aumentato il numero delle particelle di vapore, l’equilibrio si ristabilisce. Al rinnovato equilibrio corrisponde un nuovo valore della tensione di vapore saturo (→ 1d), legato alla temperatura. Anche il vapore acqueo dell’atmosfera (→ 2a) giunge a saturazione (→ 2b) e in questo caso si condensa su qualsiasi superficie (a temperatura ambiente) e produce rugiada (→ 2c).

La tensione di vapore in funzione della tempera- tura (3) mostra che i valori corrispondenti ai diversi stati di equilibrio fra liquido e vapore formano una curva, detta curva di evaporazione.

A una certa temperatura, se la tensione di vapore è inferiore al valore di saturazione, avviene che dopo qualche tempo sia presente solo vapore, mentre a tensioni di vapore superiori il vapore non esiste, perché le particelle gassose, trascorso un certo periodo, passano alla fase liquida. Si dice curva di fusione la rappresentazione grafica degli stati di equilibrio fra il corpo allo stato liquido e il corpo allo stato solido. La curva di evaporazione (→ 3) e la curva di fusione si intersecano in un punto T (→ 4) che dà lo stato di equilibrio presente sia sulla curva di evapora- zione sia sulla curva di fusione. In questo punto le tre fasi vengono in equilibrio: il punto appartiene perciò anche alla curva di sublimazione e viene definito punto triplo.

 

Ebollizione

Con un adeguato aumento della temperatura, nel liquido ha luogo un nuovo fenomeno: l’ebollizione.

Il moto di tutto il liquido assume, con l’ebollizione, un aspetto turbolento, mentre dalla sua superficie si liberano rapidamente bolle di vapore.

La temperatura di ebollizione di un liquido omogeneo, per una data pressione esterna, è sempre costante (cresce con l’aumentare della pressione esterna e viceversa).

In alta montagna, ad esempio, dove la pressione atmosferica è inferiore a quella del livello del mare, la temperatura di ebollizione dell’acqua è inferiore a 100 °C.

Di contro, in condizioni di alta pressione (in una pentola a pressione o nella caldaia di locomotive a vapore) la temperatura di ebollizione dell’acqua è superiore a 100 °C (→ 5).

Perché sia possibile l’ebollizione, è necessario che nel liquido siano disperse piccole particelle di altre sostanze (bolle d’aria, sali, ecc.).

Le bolle d’aria, disperse in un liquido come l’acqua, sono sottoposte a una pressione superiore a quella atmosferica (ciò fa sì che le bolle d’aria si presentino in dimensioni molto ridotte e siano pressoché invisibili all’occhio).

Con l’aumento della temperatura, aumenta l’energia cinetica delle singole particelle di aria e di vapore acqueo che compongono le bolle; di conseguenza, cresce anche la pressione interna e il volume.

Se il liquido riceve via via nuovo calore, le bolle interne tendono ad aumentare di volume: a un certo punto, diventate finalmente visibili, salgono in superficie e liberano aria e vapore acqueo.

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